top of page
copertina mag FB(1).png

Ciao!

Sei in maG, il blog video, audio, e scritto di Radio 21 Aprile Web che è il podcast di @qm_roma.

Vuoi dare un'occhiata?

Cerca
  • Immagine del redattoreradio21aprileweb

PNIEC: piccole transizioni non crescono

Il progetto per il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima) presentato all'Unione Europea sembra decisamente poco soddisfacente.

transizione energetica

C'era una volta la transizione energetica.


O, meglio, c'era una volta un gran parlare sulla transizione energetica, ossia sulle misure da prendere e le manovre da realizzare per ottenere un sistema di estrazione dell'energia necessaria per le attività umane non più da combustibili fossili - che oltre a non essere rinnovabili emettono anche carbonio - ma da fonti rinnovabili, capaci cioè di produrre energia senza emettere carbonio.


C'era una volta, su tutti i giornali.


E ora, dove è?


titolo artcolo

Tutto scorre, diceva (forse) Eraclito 500 anni prima di Cristo: panta rei, tutto cambia.


Ed in effetti è così; solo che i cambiamenti tendono a richiedere tempo. Ma tempo. prima di cambiare, o intanto che aspettiamo di cambiare, non sempre ce ne è.


Una delle "cose" che è ormai assolutamente necessario cambiare è il modo come produciamo l'energia che ci serve, e questa è una osservazione ormai trita e ritrita ma di cui vale la pena ricordare che la sua fonte è la comunità scientifica, e non un manipolo di assatanate e assatanati dell'ambiente; pertanto occorre prendere atto che il riscaldamento globale esiste anche quando fuori fa freddo, tanto per capirci e smetterla di fare battute alla Donald Trump.


In realtà, la temperatura della terra è aumentata, dall'inizio dell'età industriale (ossia negli ultimi due secoli, misurazione a spanne) di un grado sul mare e di un grado e mezzo sulla terraferma: negli ultimi duemila anni, dice l'Ufficio Federale di Metereologia e Climatologia Svizzero, non si è mai verificato un riscaldamento di queste proporzioni.


Alla luce di quanto sopra, i piani per la transizione energetica sono finalmente partiti - se ne parla in realtà da più di vent'anni, ma a lungo il tema è stato catalogato come frutto di un integralismo ambientalista da talebani romantici; sono partiti, anche grazie, o forse soprattutto grazie, alla guerra con la Russia.


La quale Russia era la principale produttrice e quindi fornitrice di energia non rinnovabile, e tuttora produce e fornisce l'Europa, anche se "tra gennaio e novembre 2022 la Russia (gasdotto + importazioni di GNL) ha rappresentato meno di un quarto delle importazioni di gas nell'UE" (fonte: Consiglio dell'Unione Europea).


In ogni caso, la guerra ha comportato una riduzione, in chiave bellica, delle forniture provenienti dalla Russia, i prezzi dell'energia sono aumentati, e così ci siamo ritrovati a fare, come si diceva un tempo, di necessità virtù, ossia a cercare alternative. In buona parte cambiando fornitore; ma in parte anche cercando di utilizzare quello che abbiamo (sole, vento, risorse idriche e tecnologia) per produrre energia a partire da fonti che sono rinnovabili e che possono essere utilizzate con emissioni di gas serra vicine allo zero.


Sono tutte cose che più o meno sappiamo (magari ogni tanto bisogna rinfrescare i numeri); quindi, mi dirai, perché ne parliamo proprio oggi?


Perché oggi è il 5 luglio, ed il 30 giugno scorso scadeva il termine per la presentazione, da parte degli Stati Membri UE - e dunque anche dell'Italia - della proposta di aggiornamento dell'ultimo Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima, sigla PNIEC non proprio bellissima ma almeno ci intendiamo più in fretta.


Sul tema, il MASE (Ministero per l'Ambiente e la Sicurezza Energetica) il suo dovere lo ha fatto - diciamo che non è stato facile trovare indicazioni su come, ma alla fine almeno questo dato è emerso: il progetto è stato inviato addrittura un giorno prima del termine, ossia il 29 giugno. Eventualità sulla quale pochi scommettevano, perché ancora a marzo scorso tutto quello che c'era era il "vecchio" PNIEC, quello del Governo Draghi - che, tra l'altro, qualcuno dice, era più "coraggioso".


In ogni caso, non lamentiamoci a scatola chiusa e cerchiamo di capire cosa prevede questa proposta che, in realtà, è quello che il singolo Stato Membro, in questo caso l'Italia, si vuole impegnare a fare. La proposta verrà valutata dalla UE e potrà essere modificata; ma entro il 30 giugno 2024 dovrà passare allo stato di impegno definitivo.


E questo è il vero motivo per cui ne parliamo oggi: perchè qualcosa da fare, per migliorare il progetto, c'è, e il tempo per farlo, anche.


Prima però una notazione generale: se la strategia di liberazione della dipendenza dell'Europa dal gas russo ha avuto un buon risultato, come ho detto sopra, non altrettanto soddisfacente è quanto è stato fatto finora per liberare l'Europa dall'uso di combustibili inquinanti: c'è che parla, a questo proposito, di "manicheismo" dell'Europa, ossia di una pericolosa contrapposizione tra l'ideologia e la prassi.


Infatti, da un lato l'uso del gas è diventato più appetibile, grazie alla istituzione, da parte della UE, di una piattaforma comune per gli acquisti, che ha permesso una sorta di calmieramento dei prezzi; e dall'altro, l'alternativa ad oggi più utilizzata rispetto al gas russo è il GNL: gas naturale liquefatto, ossia un combustibile (ancora) fossile, che di buono, sotto il profilo ambientale, ha solo che emette, nel suo utilizzo, meno CO2 rispetto ai combustibili fossili "tradizionali".


Detto questo, veniamo al PNIEC che, come abbiamo già detto, stabilisce gli obiettivi da raggiungere per il 2030 sull'efficienza energetica, sulle fonti rinnovabili e sulla riduzione delle emissioni di CO2, nonché quelli in materia di sicurezza energetica, interconnessioni, mercato unico dell'energia e competitività, sviluppo e mobilità sostenibile... in una parola, il nostro futuro, concreto, come pianeta, come Paese e come individui.


Non proprio una cosetta, no?


A proposito della quale la premier Meloni, intervenendo due giorni fa all'Assemblea Generale di Assolombarda, ha dichiarato: "la transizione ecologica è indispensabile ma va fatta con criterio: non possiamo smantellare la nostra economia per inseguire la transizione ecologica".


Il concetto è chiaro e in teoria, ossia se avessimo tempo, si potrebbe anche concordare: ci sta sia la ragionevolezza, sia la rassicurazione a quelli, tra gli industriali che con le attività inquinanti ci guadagnano pane e companatico. ma ahimé ci sta anche il sistema "ventre molle", ossia "ti dico di sì ma poi faccio di no" e ci sta, soprattutto, il germe di quel bla bla bla che ha ridotto e riduce il tempo che abbiamo per evitare che questo mondo vada in definitiva rovina.


Il PNIEC presentato dal MASE del Ministro Pichetto Fratin prevede, per il 2030, "una quota del 40% di rinnovabili nei consumi finali lordi di energia che sale al 65% per i consumi solo elettrici. Il 37% di energia da rinnovabili per riscaldamento e raffrescamento, il 31% nei trasporti, 42% di idrogeno da rinnovabili per gli usi dell'industria".


Tanto per intenderci, diamo un'occhiata ai "compagni di classe": la Germania ha, sì, spostato l'anno del raggiungimento dell'obiettivo al 2035, ma per quell'anno ha previsto la decarbonizzazione totale del sistema elettrico - mentre nei nel 2030, secondo il MASE utilizzeremo ancora il 35% di energia non rinnovabile.


E la Spagna ha un piano di decarbonizzazione dei consumi finali del 48% laddove noi ci fermiamo al 40%; e l'81% per quel che riguarda i consumi solo elettrici, che per noi si bloccano al 65%.


In realtà, c'è una ragione non difficile da individuare che può spiegare tutta la tiepidezza del Governo nei confronti della decarbonizzazione: si tratta di un obiettivo abbastanza chiaro, in linea con la previsione del famoso "Piano Mattei per l'Africa" di cui si riparlerà ad ottobre prossimo, ed è l'idea che l'Italia diventi hub europeo del gas e luogo di produzione principale per la produzione di carburanti endotermici - che, per intenderci, funzionano con una miscela d'aria e combustibili come benzina, gasolio, GPL. E' vero che il combustibile per carburanti endotermici può provenire anche da fonti rinnovabili; tuttavia, se è con l'Africa che stiamo pensando di "fare questa cosa" non è difficile prevedere che tipo di combustibile stiamo pensando di privilegiare.


Dato che vogliamo la transizione ecologica ma non vogliamo smantellare le nostre industrie per inseguirle, occorre verificare se questa idea dell'hub del gas magari funziona poco per gli ambientalisti, ma è efficiente dal punto di vista economico: ossia, può portare maggiore ricchezza al Paese?


Secondo il prof. Carlo Carraro - rettore emerito e professore ordinario di economia ambientale all'università Ca' Foscari di Venezia - non è esattamente così: va infatti tenuto conto, dice il professore, che gli Stati Membri Ue sono decisamente orientati - come abbiamo visto - nel senso di una riduzione drastica dell'uso del gas proveniente da fonti non rinnovabili.


Se le cose stanno così, a meno che il resto di Europa non si unisca all'Italia nel tirare il freno a mano alla macchina della transizione ecologica, spendere risorse e anche capacità di sognare per approntare l'hub italiano del gas per l'Europa diventa pericolosamente simile ad investire i soldi della pensione per andare a vendere ghiaccio agli esquimesi.



logo radio
Sono Giovanna Vernarecci e questo è il testo dell'episodio del 28 giugno 2023 della serie "Di Alberi ed altre meraviglie" che Radio 21 aprile Web dedica alla sostenibilità, ogni mercoledì.
Se vuoi, puoi ascoltare l'episodio qui.





3 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page