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La Torre Jenga e i mattoncini

La Torre Jenga è un antico gioco in legno che in qualche modo ricorda lo shangai. Avvicinandoci alle elezioni europee dedichiamo una serie di post a cercare di capire quanto l'Unione Europea può assomigliare a quella torre, e quali sono i mattoncini che la compongono.



8 e 9 giugno 2024: questa la data delle prossime elezioni di 76 membri del Parlamento Europeo.


Attualmente il tema più gettonato con riguardo a queste elezioni qui in Italia è il dubbio se Giorgia Meloni ed Elly Schlein decideranno di candidarsi, mentre è già sicuro - come sono sicure le cose in politica, ed in particolare nella nostra - che non si candideranno né Giuseppe Conte né Matteo Salvini.


Per dare qualche indicazione in più su questo punto, posso dirti che a gennaio scorso risultava quasi certa solo la candidatura di Giorgia Meloni, alla quale, se si candidasse come capolista in tutte le circoscrizioni, i sondaggi (in particolare, quello commissionato da Porta a Porta all'istituto demoscopico Noto) promettono un irrobustimento dal 28 al 32% dei voti a favore di Fratelli d’Italia.


Al contrario, la ancora incerta candidatura "speculare" di Schlein aumenterebbe il paniere delle intenzioni di voto per il PD solo dal 19,5 al 20%.



Ma il vero dubbio, come sempre per le elezioni di questi ultimi tempi, riguarda il numero di coloro che andranno a votare: il dato dell'affluenza alle urne indica infatti sempre il grado di interesse dei cittadini al tema su cui sono chiamati ad esprimersi, e in questo caso il tema è se abbiamo interesse oppure no al progetto d’integrazione in alternativa alla tentazione di ritorno agli egoismi nazionali.


I quali "egoismi nazionali", conseguentemente, si trovano in una situazione in qualche modo win-win, perché sostanzialmente non andare a votare per il Parlamento Europeo significa bocciare l'idea stessa alla base della UE.


Illustrazione di © Niels Bo Bojesen (Danimarca)

Per questo ho scelto la Torre Jenga per cominciare questa storia, ispirandomi ad una dichiarazione di Josh Lipsky, direttore senior del Centro di geoeconomia del Consiglio Atlantico, che in questo modo ha descritto la situazione dell'economia globale.


La Torre Jenga è infatti un gioco (il nome è in lingua swahili, il che mi è sembrato suggestivo per ricordare un attore che tendiamo a dimenticare relegandola a Terzo Mondo, ossia l'Africa) che si basa su una torre di 54 mattoncini di legno, disposti uno sull'altro in 18 piani. Ognuno dei giocatori deve sfilare un mattoncino alla volta, e posizionarlo sulla sommità della torre, che ad ogni mossa diventa più traballante.



Perde, ovviamente, il giocatore che sfila il mattoncino che fa crollare la torre; ma quel che mi interessa qui è cercare di capire quali sono i mattoncini più complicati da gestire, e cosa può cambiare da una gestione integrata ed una gestione ispirata a quegli egoismi nazionali di cui dicevamo sopra.


Il tappeto sul quale è appoggiata la Torre Jenga che stiamo considerando non è ovvimente pianeggante: se la legislatura europea che sta concludendosi ha dovuto affrontare tra l'altro la pandemia, l’invasione dell’Ucraina, il conflitto tra Israele e Hamas, la decima, che sarà la prossima, dovrà anche affrontare il tema dell'applicazione degli obiettivi dell'Agenda 2030 dell'ONU in un clima di calo di consensi per le politiche legate alla sostenibilità ambientale - che ne hanno rappresentato e per adesso tuttora ne rappresentano uno degli elementi maggiormente qualificanti. La gestione della crisi dei trattori ci ha insegnato che attualmente la preoccupazione nei confronti del cambiamento climatico è inferiore a quella nei confronti dell’inflazione, della migrazione e della stabilità politica interna.


La situazione che si delinea è, dunque, abbastanza chiaramente quella di un allargamento dell'influenza degli interessi egoistici (danaro, territorio, serenità personale) a discapito di quelli collettivi, e questo è un ambiente - per me tossico - in cui l'UE potrebbe in realtà perdere motivo di esistenza.


Ma, se non ci fosse la UE, le preoccupazioni nei confronti della situazione economica, della migrazione e della stabilità politica interna potrebbero aver ragione di scomparire?


Sicuramente, senza l'UE, potremmo vedere una serie di cambiamenti significativi nell'equilibrio di potere, nelle relazioni economiche e politiche, e nell'organizzazione stessa dell'Europa. La situazione economica globale, invece, ne risentirebbe in modo meno diretto, dipendendo da fattori "esterni" come l'elezione del Presidente degli Stati Uniti, le due guerre ai confini est e sud dell'Unione, la crisi del Mar Rosso, e la situazione economica del Sud America, dove l'Argentina è a rischio continuo di default e il Brasile non è così stabile come ci piacerebbe pensare.


Sicuramente, senza l'UE, i singoli paesi europei potrebbero concentrarsi maggiormente sui propri interessi nazionali. Non è particolarmente pessimista pensare che in questo caso sicuramente si rafforzerebbe il nazionalismo, e con lui le tensioni su questioni come confini, immigrazione e commercio.


Nel campo economico, l'eliminazione del mercato unico, porterebbe abbastanza sicuramente al sorgere di nuove barriere commerciali tra i paesi di area geografica europea, complicando gli scambi e causando instabilità economica.


In politica estera, l'assenza di una strategia comune costringerebbe i Paesi di area geografica europea a riconsiderare le proprie politiche di difesa e sicurezza. Alcuni potrebbero cercare di rafforzare la cooperazione militare attraverso organismi come la NATO, mentre altri potrebbero cercare di sviluppare autonomamente le proprie capacità di difesa.

Questo comporterebbe anche la necessità di un riassestamento delle alleanze, che potrebbero ovviamente riguardare anche nazioni "extraUE" - dagli Stati Uniti alla Russia, alla Cina e così via; e di una revisione della governance a livello nazionale, perché alcuni Paesi potrebbero rafforzare le proprie istituzioni nazionali per compensare la mancanza di coordinamento dell'UE, mentre altri potrebbero sperimentare instabilità politica interna.


In sintesi, la mancanza di Unione Europea avrebbe profonde implicazioni geopolitiche che potrebbero portare a una maggiore frammentazione e instabilità in Europa e potrebbero avere ripercussioni su scala globale.


Insomma, l'ipotesi di eliminare l'Unione Europea si rivela molto meno allettante, anche per gli interessi egoistici, molto meno allettante come il sovranismo estremo vorrebbe che ci convincessimo a pensare: l'esistenza dell'Unione Europea si presenta come uno di quei mattoncini che davvero è privo di significato provare a spostare.



Ma il mattoncino che bisogna stare davvero dimenticarsi di toccare è quello della capacità dell'Unione Europea di farsi ascoltare dagli altri attori di un mondo che, piaccia o no, è davvero sempre più interconnesso: "l’Ue è efficace quando unisce le forze per reagire, come ha fatto varando il programma Next Generation Eu per rimettere in moto l’economia dopo il Covid, ed è subalterna e gregaria quando non ha la coesione o la forza per farsi ascoltare", segnala il giornalista Giampiero Gramaglia su The Watcher Post.


Qualsiasi schieramento tu voglia votare, la tua possibilità di plasmare un futuro dipende da quanto ti lasci coinvolgere.


Non prendere altri impegni per l'8 e il 9 giugno prossimi, per piacere: cura, ut valeas!



Foto di Tim Swaan su Unsplash

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